Quando gli amici mi chiedono un consiglio su cosa vedere a Venezia, rispondo subito: gli affreschi di Giandomenico Tiepolo a Ca’ Rezzonico. E sfrutto l’occasione per accompagnarli, così ho una scusa per tornarci anch’io. Cercherò di convincere anche voi, con sette buoni motivi.
Immaginate un uomo che gira l’Europa con il padre ad affrescare le pareti di chiese e palazzi. Un giorno suo padre muore. Lui torna a casa. Passerà il resto della vita lì. È il 1770. Da allora diventa il committente di sé stesso: “Che cosa dipingerò adesso, sui muri di casa mia? Che cosa voglio vedere nelle mie stanze?” Questi affreschi stavano sulle pareti della villa di Tiepolo a Zianigo, in campagna. Sono le immagini che Giandomenico ha voluto realizzare per i suoi occhi, dopo una vita passata a eseguire quelle che gli chiedevano gli altri.
C’è una folla di persone in piazza. Sono in fila per vedere il Mondo Novo: una specie di lanterna magica, un effetto ottico che mostra alla gente i panorami delle lontane Americhe. Il mondo si è messo in viaggio in forma di immagine, per arrivare nella città degli spettatori. (E, pensaci bene, visitatore: anche questi affreschi sono venuti da te. Sono stati strappati dalla loro sede, un secolo fa, prima perché dovevano essere venduti all’estero, poi per finire in questo museo.)
Quella folla vista di schiena è nostra contemporanea. È da quell’epoca che il genere umano si è trasformato in spettatore. E la caratteristica dello spettatore è quella di voltarsi di schiena. Perché? Quando tutti guardano la stessa cosa, ognuno perde la sua individualità, non ha più una faccia. L’homo sapiens diventa homo spectans. Il pittore che li dipinge non riesce più a vederli di faccia, perché sono catturati da un’altra immagine. Guardano altrove. Gli altri diventano schiene quando sono incantati da uno spettacolo che a noi non interessa. E tu? Tu che stai guardando questo affresco, in che posa sei?
Gli storici dell’arte raccontano che qualcuno ha voluto riconoscere, nelle figure aristocratiche messe di profilo nel grande affresco del Mondo Novo, Giambattista e Giandomenico Tiepolo: non c’è nulla che lo documenti, ma sarebbe bello se fosse vero. I due pittori più importanti della città corrono in piazza a vedere che cos’è che attira tutta quella folla. E lì scoprono che è nata la loro concorrente mortale: un nuovo tipo di immagine, che usa un nuovissimo ingrediente oltre ai colori: la luce! Da ora in poi le immagini impasteranno la luce insieme alle altre sostanze pittoriche e visive. Non si limiteranno a rappresentarla spennellando riflessi e ombre, bagliori e chiaroscuri, ma la cattureranno, la mostreranno, la getteranno negli occhi degli spettatori: lanterna magica, mondo novo, fotografia, cinema, televisione, computer…
Guardate i dettagli del minuetto fra il cicisbeo con la parrucca e la ragazza vestita di bianco. Lei ha dei lineamenti così delicati. Una cuffia enorme posa su quella testolina adorabile: sembra una mongolfiera gonfia di leggerezza, e invece… Il suo vitino affilato, con il busto stretto allo spasimo, è la punta di un chiodo conficcato a forza nella gonna. Guardate il panneggio della stoffa: mostra in maniera neanche troppo dissimulata tre o quattro vagine enormi, a raggera. Quella damina così dolce è una bianca portatrice di erotismo, una nuvola di sfrenato candore, di purezza oscena.
Chi sono tutti questi Pulcinella? C’è chi ha scritto che sono la nuova società dopo la Rivoluzione francese. Oppure artisti di strada, anarchici, anticonformisti. Barbari che occupano la scena che era stata dei nobili. Sono i nuovi protagonisti della vita, allegri e scostumati. Da dove viene quell’energia selvaggia? Ribolliva sotto i minuetti e le cerimonie dell’aristocrazia? È l’inconscio troppo a lungo represso che invade il mondo? Guardateli. Si divertono sull’altalena, si stravaccano a terra dopo un’orgia, fanno acrobazie a testa in giù: proprio come facevano i satiri e i centauri prima della Storia. Confrontateli con i meravigliosi affreschi grigiobianchi, a finto bassorilievo che raffigurano violentissime scene mitologiche: le pose dei Pulcinella e dei satiri sono le stesse, la Storia è tornata a quando il mondo era senza legge e si rapivano le donne, ci si difendeva con la clava. Eppure. Guardate meglio. Posate l’occhio sugli sfondi, sull’angolo a sinistra in basso del centauro stupratore che fugge dal satiro massacratore: ci sono civilissimi campanili, case, persone che passano di lì ma non si accorgono di nulla. La preistoria è contemporanea, l’atrocità è a due passi dal villaggio. Il mondo è sempre stato feroce, lo è ancora, lo è adesso. La civiltà non c’è mai stata.
Da che parte stanno, gli animali? Il levriero accompagnava la passeggiata aristocratica; ora sta insieme a Pulcinella ubriaco. Il cagnolino dalla coda piumata abbaiava al minuetto dei nobili; poi è stato portato via dal cicisbeo; alla fine ha ripreso a fare le stesse cose di prima, questa volta abbaia al ballo dei Pulcinella: ha cambiato padrone, come il levriero, ma la vita per lui è rimasta identica, catturato da un’immagine: nella stessa posa, nello stesso angolo a sinistra in basso. Gli uccellini hanno provato a scappare via dallo sparviero che li caccia, cercando di scavalcare una cornice. L’unico che ce l’ha fatta a sconfinare è un pappagallo. Chissà che parola magica ha ripetuto per riuscire ad appollaiarsi sullo stipite di quella porta, sul muro, oltre il recinto dell’immagine.
Tiziano Scarpa è uno scrittore, drammaturgo e poeta italiano. Tra i suoi libri più famosi spicca Stabat mater, con cui ha vinto il Premio Strega nel 2009